Last Word

last word cocktail

Bicchiere: Coppetta da Cocktail

Tecnica: Shake & Strain

Decorazione: No Garnish

Ingredienti:

  • 22 ml London dry gin
  • 22 ml Chartreuse verde
  • 22 ml Maraschino
  • 22 ml Succo fresco di lime

Preparazione:

Versare gli ingredienti in uno shaker con ghiaccio e shakerare per 10 – 12 secondi.
Con un Hawthorne strainer e un colino a maglia stretta, filtrare in una coppetta da cocktail ghiacciata e servire.

Note sugli ingredienti:

Il Last Word è un drink dai sapori molto intensi: erbaceo, speziato, forte e aspro. La ricetta è sorprendentemente semplice nella sua composizione, ma ha un ricco buquet di profumi e un sapore complesso. Va sottolineato che l’utilizzo di un gin di prima qualità dà alla ricetta il necessario sapore di ginepro e fa risaltare i botanicals nel cocktail, e come racconta la storia di questo drink, non va affatto preparato con un bath tub!!!

Il carattere erboso e balsamico della Chartreuse verde accentua le botaniche del gin, e il sapore a metà tra l’amaro e il fruttato del maraschino dà corpo e rotondità al cocktail.

Tre ingredienti che si amplificano a vicenda e alzano il tenore alcolico del drink, sono difficili da mettere insieme ma vengono armonizzati dal succo di lime, rigorosamente spremuto fresco.
Questo cocktail è un perfetto ma delicato esempio di equilibrio e per questo, il jigger non può essere dimenticato a casa…

La ricetta non prevede decorazioni, forse un peel di lime potrebbe richiamare il succo acre, e magari una ciliegia al maraschino o una amarena potrebbero richiamare il sapore del liquore, ma in tutta sincerità credo che qualsiasi decorazione rischi di rompere il preciso bilanciamento della ricetta del Last Word.

Lo storico bar del DAC, foto per concessione della Libreria Publica di Detroit

La Storia:

Sebbene sia considerato da molti un drink dell’era del Proibizionismo, la creazione del Last word precede il Volstead Act di almeno quattro anni.

La prima volta il cocktail venne menzionato in un “menu souvenir” del 1916 inviato a ciascun membro con il numero di luglio-agosto della rivista Detroit Athletic Club. La copertina della rivista fu curata da Duncan Carse, un famoso artista dell’epoca.

Il “menu souvenir” del 1916 del Detroit Athletic Club.

Lo stato del Michigan anticipò il bando delle bevande alcoliche di un anno e già nel 1918 i bartenders furono costretti a cercare nuovi impieghi e buona parte delle ricette e delle cocktail list andarono perse.

La stessa sorte toccò al Last Word fino a quando nel 1951 Ted Saucier, il pubblicista del Waldorf Astoria di New York, inserì la ricetta del drink nel suo libro “Bottoms Up“.

La ricetta da Bottoms Up

L’addetto stampa dell’hotel riportò la storia di come trenta anni prima un noto attore di teatro fece conoscere la ricetta ai baristi di New York, e quindi se consideriamo che il libro è degli anni ’50 si può capire il perchè si pensi erroneamenteche la ricetta sia dell’epoca del proibizionismo e che venisse preparata con bath tub gin.

Frank Fogarty

In realtà fu nel 1917 che Frank Fogarty, un famoso artista di commedia teatrale del genere Vaudeville, mentre era di passaggio a Detroit visitò il bar del Athletic Club, e dopo aver assaggiato il drink insistette per avere la ricetta.
Di ritorno a New York Fogarty consegnò la ricetta ai barmen del Waldorf Astoria, uno dei suoi bar preferiti.

Nonostante la citazione di Saucier in Bottoms Up, la fama del Last Word stentò a decollare, infatti la ricetta fu del tutto dimenticata negli ultimi trenta anni del 20° secolo, che fatta salva qualche piccola eccezione hanno rappresentato una epoca buia per la storia della miscelazione in cui il pubblico non era pronto per assaggiare i sapori forti dei drink dell’epoca classica.

Per fortuna nei primi dieci anni del nuovo millennio i bartenders statunitensi hanno avuto un ruolo molto importante nel riportare di moda ricette vintage dimenticate tra le righe dei vecchi manuali e nel abituare gli avventori dei bar a gusti forti e decisi.

Nel 2004 la ricetta del Last Word fu riesumata da Murray Stenson (miglior bartender d’America nel 2010 per Tales of Cocktails), il quale alla ricerca di nuove ispirazioni per la cocktail list dello Zig Zag Cafè di Seattle si diede alla lettura di Bottoms Up.

Murray Stenson

l’intuizione di Stenson fu un successo, e il carisma di questo barman di grande esperienza fece si che il cocktail iniziasse di nuovo a girare sui banconi dei bar d’America. La consacrazione della ricetta si ebbe quando per la seconda volta il drink tornò a New York e Audrey Saunders lo mise nel menu del Pegu Club, un cocktail bar noto per fare tendenza e dare successo a ricette del passato, come è accaduto anche per l’omonimo cocktail.

Le nuove mode in fatto di bere e l’attenzione dei barmen verso i craft cocktails hanno fatto sì che non solo la ricetta originale ma anche i vari riff crescessero di notorietà. Il twist più famoso è il Last Ward di Phil Ward, un ex barman del Pegu Club che realizzò la ricetta prima dell’apertura del Mayahuel di New York.

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l’edificio del DAC in una foto notturna su Madison Street

Nel 2015 in un articolo della rivista del Detroit Athletic Club dedicato all’anniversario del centenario, Hassan Yazbeck F&B Manager ha dichiarato di sentirsi emozionato a continuare a servire un pezzo di storia del Club, del resto la ricetta è più giovane del club di solo un anno.

Dal 2009 il Last Word è rientrato nella drink list, ed è stata creata una lounge dove si servono cocktail sul rooftop che porta lo stesso nome del cocktail.


Si ringraziano Bob Allen e Hassan Yazbeck per il gentile contributo dal Detroit Athletic Club

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